Reality Lo Stato profondo e la guerra per le informazioni
Chi sei? Tu sei dati su dati, una rete di relazioni sociali, una mappa di connessioni, l’apice di tutto ciò che hai postato, googlato, inviato tramite email, a cui hai messo like o follow. In questo innovativo lavoro di nonfiction narrativa, Kerry Howley indaga le curiose implicazioni del vivere nell’èra dell’indelebile. E racconta la vera storia della linguista dell’intelligence Reality Winner, una giovane donna solitaria che, dopo aver stampato cinque pagine di informazioni classificate e pericolose che non avrebbe mai dovuto vedere, si è fidata delle persone sbagliate, per poi ritrovarsi in balia di forze più invasive di quanto avrebbe mai potuto immaginare.
Seguendo l’improbabile viaggio di Winner dalle campagne del Texas a un’aula di tribunale federale, Howley scrive della privacy e della sua assenza, di cosa significa nascondere e lasciar trapelare segreti e tradimenti; traccia una mappa di un mondo sotterraneo che connette le storie di John Walker Lindh, Edward Snowden, Julian Assange, un veterano che assalterà Capitol Hill e una madre che farà di tutto per far uscire sua figlia di prigione. I soggetti di Howley sono imprigionati dai loro sé passati, intrappolati finché internet sopravviverà.
Un’odissea nell’apparato di sicurezza dell’America dopo l’11 settembre, una sceneggiatura ambientata nello Stato profondo, Reality è una caduta libera in un mondo in cui tutto viene registrato e secretato e nulla è più sacro. Un lavoro di una scrittrice unica che non teme di porre domande essenziali sulla stranezza della vita contemporanea.
La traduzione in italiano è curata da Iuri Moscardi e Clara Ramazzotti
Uno dei dieci migliori libri dell’anno per il New York Times
Finalista del National Book Critics Circle Award 2023
“La prosa di Howley ricorda quella di Don DeLillo, non solo per la sua sintonia soprannaturale con le correnti invisibili di sentimenti che scorrono tra varie sacche del progetto americano globalizzato, ma anche per la sensazione che abbia preso la sua esperienza del mondo e l’abbia fusa in un’arma destinata a perforare le nostre incallite abitudini di percezione.” New Yorker
“Avvincente, cupamente divertente e, in tutti i sensi, inclassificabile. Howley scrive della strana esperienza di vivere, e di come questa venga appiattita e codificata in dati che possono essere trasformati in ritratti di esseri statici e permanenti – creature che sarebbero irriconoscibili a noi stessi.” The New York Times
“Kerry Howley vede tutto. Potresti voler credere che l’èra digitale abbia trasformato la sorveglianza in un’astrazione lontana, onniveggente ma anche oggettiva, sovrumana, impersonale. Questo libro è una mappa spietata di questa illusione e della ragnatela umana appiccicosa – composta da nodi e bulbi oculari, informatori e soggetti – in cui tutti noi oggi viviamo, da complici. Un tema generazionale ha ora il suo capolavoro generazionale.” David Wallace-Wells
“Questo è il libro che Joan Didion avrebbe scritto se Didion avesse scelto di approfondire le motivazioni, le circostanze, le passioni, le assurdità e le persecuzioni dei whistleblower della ‘sicurezza nazionale’ e di altre persone ai margini della guerra al terrorismo.” Spencer Ackerman
“Spiritoso, umano e ferocemente intelligente, questo libro è una critica sorprendente di un mondo intenzionato a ‘seppellire se stesso’ nelle informazioni.” Publishers Weekly
“In questa vasta e spesso agghiacciante indagine, Howley riflette sui modi in cui i dati raccolti dalle agenzie governative statunitensi possono essere utilizzati per invadere e distruggere le vite dei cittadini.” Booklist
Kerry Howley
Kerry Howley è una giornalista della rivista americana New York, saggista e sceneggiatrice. I suoi lavori sono apparsi su The Paris Review, The New York Times Magazine, Harper’s e Best American Sportswriting. Candidata tre volte al National Magazine Award, è stata docente presso il celebre Nonfiction Writing Program dell’Università dell’Iowa. Vive a Los Angeles.
Inferno americano Storia di una famiglia
L’agghiacciante storia, realmente accaduta, di un presunto caso di “ricordi recuperati” che ha distrutto una famiglia e la vita di un uomo.
Nel 1988 Ericka e Julie Ingram iniziarono a muovere una serie di accuse di abusi sessuali nei confronti del padre, Paul Ingram, rispettato vicesceriffo di Olympia, nello stato di Washington. In un primo momento, le accuse si limitavano alle molestie subite durante l’infanzia, ma arrivarono a includere torture e stupri avvenuti nel mese precedente. In un’epoca in cui gli episodi di “ricordi recuperati” erano diventati molto diffusi, tali accuse non risultarono insolite. Ciò che catturò l’attenzione nazionale è che, sotto interrogatorio, Paul Ingram sembrava ricordare di aver partecipato a grotteschi riti satanici che coinvolgevano tutta la sua famiglia e altri membri del dipartimento dello sceriffo. Inferno americano è una rigorosa inchiesta giornalistica, misurata e avvincente, su un caso che ha travolto una famiglia e una piccola città, e affascinato un’America ossessionata dall’idea di un complotto satanista. Districandosi tra le accuse e le confessioni sempre più bizzarre, le deduzioni e le controdeduzioni di polizia, investigatori e psicoterapeuti, il vincitore del premio Pulitzer Lawrence Wright realizza un’indagine che documenta una tragedia, allo stesso tempo, familiare e nazionale su ciò che accade quando la scienza moderna viene consumata dalle nostre paure più arcaiche.
La traduzione in italiano è curata da Paola Peduzzi, giornalista e vicedirettrice del quotidiano Il Foglio.
“Il più potente e inquietante racconto true crime dai tempi di A sangue freddo di Truman Capote.” TIME
“Un caso straordinario che lascia riecheggiare domande sulla natura stessa della memoria… Un libro riflessivo e appassionante.” The New York Times
“Una storia ammonitrice di immenso valore, raccontata con rara intelligenza, moderazione e compassione. Inferno americano proietta Wright tra i più alti ranghi del giornalismo americano.” Newsweek
Lawrence Wright è un giornalista della rivista americana New Yorker e autore di importanti libri come “Dio salvi il Texas”, “L’anno della peste”, “La prigione della fede”, “Gli anni del terrore” e “Le altissime torri”, per il quale ha vinto il Premio Pulitzer. Wright è anche drammaturgo, sceneggiatore cinematografico e produttore. Vive ad Austin, Texas.
Salvare il tempo Alla scoperta di una vita oltre l’orologio
Viviamo secondo l’orologio sbagliato, che ci impone il tempo come denaro. La nostra esperienza quotidiana, dominata dall’orologio aziendale, a cui molti di noi fanno di tutto per adattarsi, ci sta distruggendo. Non è un orologio costruito per le persone, ma per il profitto. Ecco perché le nostre vite, anche nel tempo libero, sono diventate una serie di momenti da comprare, vendere e trattare in modo sempre più efficiente. Jenny Odell ci mostra come il nostro doloroso rapporto con il tempo sia inestricabilmente connesso non solo alle persistenti iniquità sociali, ma anche alla crisi climatica, al terrore esistenziale e a un fatalismo letale. Salvare il tempo è un libro che squarcia la realtà così come la conosciamo – il nostro sperimentare il tempo stesso, riducendolo a unità standardizzate – e la riorganizza. In questa sorprendente e sovversiva riformulazione del tempo, Odell ci accompagna in un viaggio attraverso altri habitat temporali, e ci offre nuovi modelli e ritmi di vita – ispirati alle culture preindustriali, al tempo ecologico e geologico – che fanno sembrare possibile un modo di vivere più umano e più ottimista. Se possiamo “salvare” il tempo e recuperare la sua natura fondamentalmente irriducibile e inventiva, immaginando una vita, un’identità e una fonte di significato al di fuori del mondo del lavoro e del profitto, potremmo capire che la traiettoria delle nostre vite – o la vita del pianeta – non ha una conclusione scontata. E potrebbe anche essere il tempo a salvare noi.
La traduzione in italiano è curata da Raffaella Menichini, giornalista e traduttrice.
New York Times Bestseller
Scelto da Vogue Italia tra libri più attesi del 2024
“Un progetto ambizioso che affronta la gestione del tempo, l’auto-aiuto, il nichilismo climatico, la nostra paura di morire e la routine della vita aziendale, chiedendoci in sostanza di vedere il tempo stesso attraverso lenti diverse.” The Washington Post
“Uno svelamento del nostro passato, un antidoto al nostro presente e un manifesto per il futuro. È rigoroso, compassionevole, profondo e incoraggiante. È uno dei libri più importanti che abbia mai letto in vita mia.” Ed Yong, vincitore del Premio Pulitzer
“È nel divario tra presente e futuro, dove gli esiti non sono ancora determinati, che Jenny Odell si inserisce con il suo libro in grado di distruggere i paradigmi… Un’opera grandiosa, eclettica e di ampio respiro.” The New York Times Book Review
“Vivo il lavoro di Jenny Odell come il più raro tipo di intervento: ti cambia immediatamente, e poi perdura. Lei è consapevole, come sempre, degli aspetti più cupi dell’esistenza contemporanea: la brutale strumentalizzazione del nostro tempo, del nostro pianeta, della nostra umanità. Eppure trova il modo di convertire il dolore in visione, di respingere l’inevitabilità e mostrarci invece il possibile, la bellezza, la risolutezza, il desiderio sublime… Questo libro è un dono inimitabile.” Jia Tolentino
“Intensamente generoso… Ci invita a uscire dalle autostrade per esplorare le deviazioni panoramiche, le strade secondarie, le distese indomabili, le altre visioni di chi possiamo essere, ricordandoci che la lentezza può rendere più della velocità.” Rebecca Solnit
“Un’esplorazione rivelatrice delle forze che ci tengono bloccati in una relazione superficiale, mercificata e conflittuale con il tempo. Ma è anche un portale verso un’alternativa molto più ricca. Leggerlo significa scivolare attraverso le sbarre della nostra moderna prigione temporale e sperimentare come ci si sentirebbe a essere liberi.” Oliver Burkeman
Jenny Odell
Jenny Odell è un’artista multidisciplinare e scrittrice. Il suo primo libro How to Do Nothing: Resisting the Attention Economy è stato bestseller del New York Times. I suoi scritti sono apparsi su The Atlantic, The New York Times, e altre pubblicazioni. Vive a Oakland, in California.
Quando Hua Hsu incontra per la prima volta Ken in una stanza dello studentato di Berkeley, lo odia. Membro di una confraternita, con pessimi gusti musicali e vestito Abercrombie & Fitch, Ken sembra esattamente come tutti gli altri, un tipo troppo mainstream che agli occhi del diciottenne Hua, che invece cura una propria fanzine e frequenta negozi di dischi indie, rappresenta tutto ciò a cui si oppone. L’unica cosa che Hua, figlio di immigrati taiwanesi, e Ken, la cui famiglia nippo-americana vive negli Stati Uniti da generazioni, hanno in comune è che la cultura americana non sembra avere un posto per nessuno dei due, in qualunque modo la affrontino.
Ma nonostante le prime impressioni, Hua e Ken creano un legame, un’amicizia costruita sulle conversazioni notturne e nei viaggi in macchina lungo la costa californiana, condividendo successi e umiliazioni della vita universitaria di tutti i giorni. E poi, in un modo violento e insensato, Ken non c’è più, ucciso durante un furto d’auto, dopo meno di tre anni dal loro primo incontro.
Deciso a conservare tutto ciò che gli era rimasto di uno dei suoi amici più cari – le tracce dei suoi ricordi – Hua si è dedicato alla scrittura. Stay True è il libro a cui ha lavorato da allora. Una storia di formazione che racconta sia l’ordinario che lo straordinario, un memoir su cosa significa crescere e muoversi nel mondo alla ricerca di un senso e di un’appartenenza.
La traduzione in italiano è curata da Sara Marzullo, giornalista e scrittrice.
Vincitore del Premio Pulitzer 2023 nella categoria memoir
Vincitore del National Book Critics Circle Award 2022
Uno dei dieci migliori libri dell’anno per il New York Times
Scelto tra i migliori libri dalla redazione di Robinson (La Repubblica)
“Una storia di formazione elegante e toccante che esplora le intense amicizie giovanili, ma anche la violenza casuale che può in modo improvviso e definitivo alterare la logica presunta delle nostre narrazioni personali.” Giuria del Premio Pulitzer 2023
“È senza dubbio uno dei migliori libri di nonfiction sull’amicizia di sempre.” The Atlantic
“Stay True mi ha dolcemente spezzato il cuore, è un’elegia non solo per un amico, ma per tanto altro che sembra perso e irrimediabile: un tempo di tenero ozio e di presenza non mediata, un modo in cui una volta era possibile essere giovani. Le cose che rendono la scrittura di Hua Hsu così eccezionale – la sua grazia indagatrice, la sua sensibilità rigorosa, la sua capacità di creare un mondo vivente da ciò che sembra liminale – si cristallizzano in questo libro unico nel suo genere.” Jia Tolentino
“‘Ero un narratore con un colpo di scena in grado di stupire e annientare’, dice Hua Hsu di se stesso con un tono leggermente ironico. Eppure, ciò che ha ottenuto con Stay True è proprio questo: stupire e annientare il suo lettore. Questo libro è squisito e straziante, e continuerò a pensarci per molti anni a venire.” Rachel Kushner
“Silenziosamente struggente… Questo è un memoir che acquista forza attraverso l’accumulo: tutti quei momenti e quei gesti che costituiscono l’esperienza, i pezzi e le tessere che si fondono in una vita… Hua Hsu è uno scrittore discreto, non ap-pariscente; la gioia di Stay True si insinua di soppiatto, e le battute spiritose sono intessute in modo coerente in tutto il libro.” The New York Times
Hua Hsu
Hua Hsu è un giornalista della rivista americana New Yorker. È docente di letteratura al Bard College. È, inoltre, membro del board dell’Asian American Writers’ Workshop. Originario della Bay Area, vive a Brooklyn, New York.
L’Italia ha paura del mare Reportage e saggi dai confini della Penisola
Il passaggio da terra a mare cambia i destini delle nazioni, ma non è scontato e a volte non avviene mai: l’Italia non ha il mare nel proprio orizzonte, ha lo sguardo fisso verso nord, aggrappata alle Alpi, sbircia oltre le cime delle montagne, non è seduta comoda ad ammirare le proprie coste. Eppure senza mare l’Italia non esiste. Non solo la nazione, ma la Penisola, i popoli che l’hanno abitata e resa ciò che è oggi. Il mare è temuto da tutti. La paura è sedimentata, penetrata nel carattere nazionale, diffusa a sud come a nord.
Prima di essere luogo, spazio, strumento o anche via per spostarsi con l’ausilio del vento, cugino primo delle acque, il mare è un simbolo, un’idea, un concetto alieno, che dà un’immediata percezione di non conoscenza, di estraneità. Emerge nelle conversazioni, nell’indifferenza e nella difficoltà a rapportarsi con l’elemento, in una contraddizione profondissima di un paese bagnato per circa ottomila chilometri e padrone delle due più grandi isole del Mediterraneo. L’Italia ha paura del mare raccoglie una serie di reportage e saggi inediti per raccontare questo sentimento che, pur con le sue anomalie, influenza lo Stato italiano e la sua opinione pubblica da centocinquant’anni. Nel suo lavoro, Francesco Maselli si è lasciato guidare dall’attitudine giornalistica, indagando in prima persona, viaggiando in luoghi simbolici per respirare l’aria marina, percepire i rumori di porti e insenature, e incontrare lo sconforto del mondo italiano che invece col mare lavora, e lo vive ogni giorno.
“È un libro sorprendente, artigianale, in cui Francesco ha seguito il suo istinto, i suoi ricordi, va dove lo porta il cuore. In ogni capitolo non sai cosa aspettarti fino alla fine. E racconta non solo un carattere nazionale di paura, ma anche una storia di come gli uomini hanno conquistato il mare. Un libro con più letture possibili.” Lucia Annunziata
“È un libro quasi un po’ erratico, perché Francesco gira l’Italia con un interesse poco standardizzato, come un cronista che vuole indagare questa paura. Soddisfa una curiosità giornalistica molto forte e lo fa con grande scrupolo. Un libro autentico e godibile.” Corrado Formigli
“Un libro che apre finestre sulla realtà e su una contraddizione poco esplorata. Maselli è un giornalista a 360 gradi... arriva a un'analisi rilevante non solo per il nostro modo di vivere ma forse soprattutto per il mondo dell'economia, per cogliere un limite poco conosciuto delle politiche nazionali, per spiegare la nostra scarsa proiezione geopolitica.” Danilo Taino, Corriere della Sera
“Un vero reportage che tocca alcuni dei luoghi simbolo italiani nel rapporto con il mare, con anche molti incontri, uno su tutti quello con Claudio Magris... Il libro di Maselli è anche una guida agile nella storia delle tratte commerciali, delle rotte di conquista che segnano la storia ma via via cambiano. E delineano anche i destini.” Carlo Marroni, Il Sole 24 Ore
Francesco Maselli
Francesco Maselli (Napoli, 1991) è il corrispondente dall’Italia per il quotidiano francese l’Opinion. Ha scritto anche per Il Sole 24 Ore, Il Foglio, Le Grand Continent ed è stato uno degli autori di 24 Mattino, il programma di approfondimento mattutino di Radio 24. Inoltre, cura podcast e newsletter. Per NR edizioni ha tradotto dal francese nome in codice: Elitár I di Ariane Chemin.
Lascialo gridare, lascialo bruciare Saggi sulla bramosia di vivere e altre ossessioni
Con la sua virtuosistica scrittura in grado di mescolare memorie, critica culturale e giornalismo, nei quattordici saggi che compongono questa raccolta, Leslie Jamison esplora le profondità oceaniche della bramosia e le riverberazioni dell’ossessione. Lascialo gridare, lascialo bruciare è un libro sul perché ci raccontiamo delle storie per vivere. Immerge il lettore in vite sconosciute – una donna guarita dal canto della “balena più solitaria al mondo”; una famiglia convinta che il loro figlio sia la reincarnazione di un pilota perduto; le relazioni umane che si instaurano tra i devoti abitanti di un mondo online che precorre il metaverso; un intero museo dedicato alle reliquie dei cuori infranti – e si chiede come possiamo essere testimoni delle mutevoli verità delle vite altrui mentre cerchiamo una connessione più profonda con le complessità delle nostre.
Spesso paragonata a Joan Didion e Susan Sontag, e ampiamente considerata una delle voci distintive della sua generazione, anche grazie al successo della sua precedente raccolta di saggi “Esami di empatia”, Jamison si interroga sulla propria vita – le rotture sentimentali, il diventare una matrigna, la maternità, il parto – con la stessa sfumatura e lo stesso rigore con cui approccia i suoi soggetti. Il risultato è una profonda meditazione sull’isolamento, il desiderio e i conflitti affrontati da tutti coloro che scelgono di raccontare storie vere sulla vita degli altri.
La traduzione in italiano è curata da Simona Siri, giornalista e scrittrice.
Finalista per il PEN/Diamonstein-Spielvogel Award for the Art of the Essay
“Saggi incantevoli ed evocativi… Senza dubbio, Leslie Jamison possiede un gusto impeccabile per le proprie idee: seleziona argomenti periferici e li segue fino in fondo.” The New York Times Book Review
“Come il vetro di un caleidoscopio, l’affinata cura di Leslie Jamison sembra capace di rifrangere qualsiasi tematica tocchi. Quando poi ho alzato lo sguardo dalla pagina, ho provato un rinnovato senso di meraviglia.” The Paris Review
“Un piacere da leggere. Vediamo Leslie Jamison lasciar andare la sua accuratamente costruita narrazione personale e aprirsi all’ignoto.” The Washington Post
“Intelligente e vivace… Questa raccolta affronta il tema fin troppo umano della bramosia, e la sua spesso logica conseguenza, l’ossessione. Entrambe gorgogliano sotto la prosa risonante e affascinante della scrittrice.” The Los Angeles Times
Leslie Jamison
Leslie Jamison è una scrittrice americana, autrice della raccolta di saggi Esami di empatia e del romanzo The Gin Closet. Insegna nonfiction alla Columbia University, e i suoi articoli sono apparsi sul New York Times Magazine, The Atlantic, New York Times Book Review, Harper’s, Oxford American e Virginia Quarterly Review. Si è laureata all’Harvard College, ha ricevuto un Master of Fine Arts in narrativa presso l’Iowa Writers’ Workshop e ha conseguito il dottorato in letteratura inglese all’Università di Yale. Vive a Brooklyn.
nome in codice: Elitár I Sulle tracce di Milan Kundera
Ho scorto spesso la lunga figura di Milan Kundera aggrappata a quella di Vera, sua moglie da oltre cinquant’anni. Due corpi tanto sconvolgenti quanto la loro vita di tormenti attraverso i secoli e le frontiere, due anime sorelle avvolte l’una all’altra nello stesso destino, come condannate a vivere e morire incatenate.
Milan Kundera è uno degli scrittori più letti al mondo, ma anche uno scomparso volontario. A furia di rifiutare ogni invito ad apparire da quasi quarant’anni, il romanziere è riuscito a cancellarsi dal reale. La rarità illumina, l’onnipresenza diluisce l’essere. Vivere attraverso i suoi libri, svanire in essi, diventare il narratore muto di storie già raccontate. Mentre i suoi personaggi inebrianti restano impressi nella memoria, lui è diventato uno scrittore fantasma. Ha messo i sigilli alla propria esistenza e al secolo di storia che si srotola attorno alla sua.
Da quando aveva vent’anni, Ariane Chemin sogna di incontrare l’autore de Lo scherzo e de L’insostenibile leggerezza dell’essere. Oggi che è tra le più note giornaliste di Francia, inviata speciale del quotidiano Le Monde, Chemin scrive un libro che è un po’ ritratto, un po’ biografia letteraria, un po’ reportage, mettendosi sulle tracce di Milan Kundera: viaggia da est a ovest, da Praga a Rennes, dalla Corsica a Belle-Île-en-Mer, incontra sua moglie Vera e torna indietro nel tempo al suo fianco, incrocia editori e cineasti famosi, compositori e pianisti assassinati, vecchi dissidenti e spie pentite. Legge la vita nell’opera e l’opera nella vita di un romanziere ora diviso tra due patrie – da qualche parte perso nella traduzione.
La traduzione in italiano è curata da Francesco Maselli, giornalista e corrispondente da Roma per il quotidiano francese L’Opinion.
Ariane Chemin è una giornalista e scrittrice francese. Laureata a Sciences Po, da molti anni lavora a Le Monde, oggi è inviata speciale del quotidiano. È autrice di importanti inchieste di rilevanza nazionale e internazionale, oltre che di alcuni libri di successo, tra cui "La Femme fatale", "La Communauté" e "Mariage en douce". Ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti, tra cui il premio letterario Hervé-Ghesquière nel 2018. "nome in codice: Elitár I. Sulle tracce di Milan Kundera" è il suo primo libro pubblicato in italiano.
Scosse di assestamento Dispacci tra le faglie dell’identità
Ho vissuto nel disastro e il disastro ha vissuto in me. I nostri linguaggi condivisi sono il tuono e il riverbero.
Nadia Owusu è una donna di molte lingue, patrie e identità. Seguendo suo padre, funzionario delle Nazioni Unite, è cresciuta tra l’Europa e l’Africa, testimone di povertà, violenze, razzismo. Ha vissuto a Roma, Dar es Salaam, Addis Abeba, Kumasi, Kampala e Londra, e per ogni nuovo luogo c’era una nuova lingua, una nuova identità e una nuova casa da abitare. L’instabilità dell’infanzia nomade di Nadia è aggravata da segreti e fratture familiari, vissute ed ereditate. A due anni, Nadia e la sorellina vengono abbandonate dalla madre armeno-americana. A tredici, l’amato padre ghanese, grande eroe della sua vita, muore di cancro. Lei e sua sorella restano sole, con una matrigna a cui non piacciono.
Arrivata a New York per frequentare l’università, Nadia si sente una giovane donna apolide, orfana e incerta sul suo futuro, ma desiderosa di trovare la propria identità, di riappacificarsi con le identità multiple che si scontrano dentro di lei. Non c’è da stupirsi che nel suo senso di sé senta un terremoto in arrivo. Non c’è da stupirsi che le faglie alla fine si scontrino dentro di lei. Scosse di assestamento è il resoconto di come Nadia Owusu è riuscita a emergere dalle macerie prodotte dai tremori della sua vita. Un memoir commovente e incredibilmente attuale, una storia intima che si cela dietro le notizie di immigrazione e divisione che dominano la politica contemporanea, un ritratto sfumato della globalizzazione dall’interno in un mondo fratturato.
La traduzione in italiano è curata da Sara Marzullo, scrittrice e traduttrice.
Tra i libri preferiti del presidente Barack Obama
Tra i migliori libri dell’anno per Time, Vogue, Esquire, Guardian, Vulture e altri
“Con questa storia, Nadia crea il suo terreno solido attraverso paesi e continenti. So cosa significa lottare per ricostruire la propria vita in un luogo sconosciuto… Spero che possiate trarre ispirazione e speranza dalla sua storia come ho fatto io.” Malala Yousafzai, premio Nobel per la pace
“Nadia Owusu ha vissuto molte vite e ognuna ha preteso tanto da lei… Il suo compito e il suo fardello sono triplici: raccontare le ferite e le eredità storiche di ogni paese; tracciare la propria discesa nel dolore, nella mania e nella follia; iniziare il lavoro di ricostruzione emotiva. Lo fa con infallibile onestà e con una prosa rigorosa e brillante.” Margo Jefferson
“I terremoti sono una metafora di lotte psicologiche, rotture familiari e secoli di diaspora e storia coloniale in questo ambizioso memoir… Sullo sfondo di eventi globali – guerre, occupazioni, genocidi – Owusu traccia le fratture e le convergenze che hanno plasmato la sua vita.” The New Yorker
“Un memoir magnifico e disorientante… Owusu scrive in modo toccante su appartenenza e integrazione.” The New York Times Book Review
Nadia Owusu
Nadia Owusu è una scrittrice e urbanista ghanese e armeno-americana. Nel 2019 ha ricevuto un Whiting Award. I suoi scritti sono stati pubblicati su The New York Times, Granta, The Paris Review Daily, The Guardian, The Wall Street Journal, Slate, Bon Appétit, Travel + Leisure e altri. Nadia ricopre un ruolo dirigenziale presso Frontline Solutions, una società di consulenza che aiuta le organizzazioni per il cambiamento sociale a definire obiettivi, mettere in pratica i progetti e valutarne l’impatto. Vive a Brooklyn.
Prima di compiere ventisette anni, Kwame Onwuachi, vincitore del James Beard Award come miglior chef emergente nel 2019, aveva già aperto — e chiuso — uno dei più chiacchierati ristoranti d’America, oltre ad aver avviato la propria attività di catering con i ventimila dollari guadagnati vendendo caramelle in metropolitana. Onwuachi condivide la straordinaria storia della sua formazione culinaria in un libro che intreccia temi sociali e cultura gastronomica, razzismo e riflessione sulle radici della cucina nera.
Figlio di un padre violento e di una madre cuoca, Onwuachi è cresciuto nel Bronx, dove ha conosciuto la realtà delle gang e lo spaccio di droga. Da adolescente, viene spedito a vivere per quasi due anni con l’anziano nonno in un remoto villaggio della Nigeria per “imparare il rispetto” e conoscere le origini della sua famiglia e le storie dei suoi antenati. Un’esperienza che però, una volta tornato negli Stati Uniti, non è stata sufficiente a tenerlo lontano dal denaro facile e dalla strada. Le difficoltà incontrate durante il college lo segnano a fondo, portandolo a un soffio dal baratro. Ma è l’amore per il cibo e la cucina a salvare Kwame, che inizia la sua gavetta dal fondo, come chef a bordo di una nave di bonifica durante il disastro ambientale della Deepwater Horizon, prima di studiare nella principale scuola americana del settore (Culinary Institute of America), e facendo poi esperienza nei migliori ristoranti di New York, come il Per Se e l’Eleven Madison Park, entrambi tre stelle Michelin, fino alla partecipazione come concorrente a Top Chef.
Da giovane chef, è costretto a confrontarsi con il mondo dell’alta cucina e comprende quanto possa essere inospitale per le persone di colore. Apre il suo primo ristorante, lo Shaw Bijou a Washington, dopo anni di preparativi, ma è costretto a interrompere il sogno dopo pochi mesi. Quella di Kwame Onwuachi è una storia che affonda le radici nella black culture, potente e brutalmente onesta su cosa significa inseguire la propria ambizione, anche quando il mondo ti concede meno opportunità degli altri. “Appunti di un giovane chef nero” si inserisce nella tradizione ereditata da quel Kitchen Confidential che ha consacrato Anthony Bourdain, e diventerà anche un film, in cui il personaggio di Onwuachi sarà interpretato dall’attore Lakeith Stanfield.
La traduzione in italiano è curata da Gabriele Rosso, editor e giornalista.
Finalista per l’International Association of Culinary Professionals Award e per l’Art of Eating Prize
“Brutale e fonte d’ispirazione… Questa dirompente storia di ambizione è anche un racconto in grado di far riflettere sul razzismo dentro e fuori l’industria alimentare.” The New York Times Book Review
“Il memoir di Onwuachi è una lettura necessaria, non solo per i futuri chef, ma per chiunque voglia conoscere la storia di un uomo giovane, nero e ambizioso in America.” Washington Post
“Potrebbe essere l’erede letterario di ‘Kitchen Confidential’ di Anthony Bourdain… L’appassionante racconto di una vita già straordinaria.” Entertainment Weekly
“Con questo libro, Kwame Onwuachi dimostra che a 29 anni non si è troppo giovani per scrivere un memoir.” Eater
Kwame Onwuachi
Nato a Long Island, Kwame Onwuachi è cresciuto tra New York, la Nigeria e la Lousiana. Introdotto alla cucina da sua madre, nel modesto appartamento di famiglia nel Bronx, Onwuachi ha fatto di quella scintilla di passione una carriera. Si è formato al Culinary Institute of America e ha aperto cinque ristoranti prima di arrivare ai trent’anni, incluso l’innovativo ristorante afrocaraibico Kith/Kin a Washington. Ha partecipato come giudice a Top Chef nel corso della diciottesima stagione, dopo essere stato concorrente dello show nella tredicesima stagione. Selezionato tra i migliori trenta under 30 da Zagat e Forbes, nel 2019 ha vinto il James Beard Award come miglior chef emergente, è stato nominato chef dell’anno da Esquire e acclamato come chef più importante d’America dal San Francisco Chronicle.
Joshua David Stein
Joshua David Stein è uno scrittore e giornalista, autore di numerosi libri. È stato critico gastronomico per il New York Observer ed editorialista per The Village Voice. I suoi articoli sono stati pubblicati su The Guardian, The New York Times, New York Magazine, Esquire, GQ, The Sunday Times, Food & Wine e altri.
Un memoir brutalmente onesto che fa luce su ciò che accade quando il desiderio femminile entra in conflitto con una cultura della mascolinità in crisi.
Da poco libera da una relazione tossica e sulla trentina, Tabitha Lasley ha lasciato il lavoro in una rivista londinese, fatto le valigie e investito i suoi risparmi in un contratto d’affitto di sei mesi per un appartamento ad Aberdeen, in Scozia. Era decisa a portare finalmente a termine l’idea a lungo rinviata di un libro sulle piattaforme petrolifere e gli uomini che ci lavorano. Perché le piattaforme petrolifere? “Volevo vedere come sono gli uomini quando non hanno donne intorno”.
Ad Aberdeen, Tabitha viene inghiottita dal mondo della manovalanza dell’industria petrolifera, una vivida sottocultura piena di risse, duro lavoro, competizione e amicizie di straordinaria profondità. Più resta, più scopre che la sua presenza ha un effetto destabilizzante sugli uomini…e su se stessa. Lo stato del mare è il ritratto di un’industria in declino: “offshore” è uno stile di vita per generazioni di uomini principalmente della classe operaia, ma anche una potente metafora per quegli aspetti della vita che cerchiamo di ignorare come la classe, la mascolinità, i compromessi indotti dal desiderio e le terribili insidie di una via in salita che potrebbe, se ci sforzassimo abbastanza, portarci alla sicurezza.
Questo libro è anche la storia di una giornalista la cui distanza professionale dal suo soggetto diventa pericolosamente sottile. Ad Aberdeen, quando non è impegnata nelle ricerche per il libro, Tabitha si ubriaca e balla lasciandosi andare, e rivive la sua giovinezza, quando la musica era buona e i ragazzi erano cattivi. Vent’anni dopo, c’è Caden: un operaio sposato che trascorre tre settimane sulle piattaforme e tre a riposo. Sola e in uno stato sempre più precario, Tabitha si tuffa nella loro crescente attrazione. La relazione, incosciente e rischiosa, metterà a nudo entrambi.
La traduzione in italiano è curata da Raffaella Menichini, giornalista e traduttrice.
Tra i migliori libri dell'anno per il Guardian e Rivista Studio
Finalista per il Gordon Burn Prize e il Portico Prize 2022
“Questo libro è, di per sé, una sorta di ibrido: un’inchiesta che è anche un memoir ma si legge molto come un romanzo. È uno studio sorprendentemente originale sull’amore, sulla mascolinità e sul costo di una professione che pochi al di fuori possono davvero capire. Il costo per la stessa Lasley deve ancora essere rivelato.” The Guardian
“Lasley è un'interlocutrice di talento, che tira fuori sorprendenti confessioni... Il suo libro realizza ciò che molti memoir non fanno: organizza una vita disordinata con una visione chiara.” The New York Times Book Review
“La scrittura contemporanea al suo livello più puro, senza alcun accenno di sforzo, egocentrismo o pretenziosità da parte di Lasley. È una scrittrice straordinariamente brava, e questo è un libro straordinariamente buono.” The Irish Times
“È eccezionale. Ti porta in posti in cui davvero pochi libri sono in grado di portarti... entra in quelle menti perlopiù ignorate dall’industria editoriale.” The Observer
“Lasley possiede l’abilità, quel tipo di abilità alla Joan Didion, di flettere soggettivamente il materiale di nonfiction, un’abitudine a valutare le situazioni attraverso il suo sistema nervoso… Questo libro racchiude tutti gli elementi della narrativa contemporanea, così come l’accuratezza del romanzo di nonfiction e il bagliore del memoir.” Andrew O’Hagan
“Una potente miscela di giornalismo e memoir… Splendidamente scritto, e angosciante. Mi ha ricordato la scrittura di Lisa Taddeo.” David Nicholls
“Come sono gli uomini senza le donne intorno? Jane Austen non riusciva a immaginarlo, e infatti i suoi romanzi quasi non contengono conversazioni maschili private. Tabitha Lasley è più intrepida… Questo è un reportage aspro e avvincente ricoperto di una patina romanzata. La sola scrittura vale il prezzo.” Financial Times
“La storia di una donna che, per raccontare questo mondo, mette in gioco i sentimenti, il corpo, la vita.” GQ Italia
Tabitha Lasley
Tabitha Lasley è stata una giornalista per dieci anni. Ha vissuto a Londra, Johannesburg e Aberdeen. “Lo stato del mare” è il suo primo libro.
L'anno della peste L'America, il mondo e la tragedia Covid
Dall’inizio dell’epidemia a Wuhan in Cina, fino all’assalto del Campidoglio di Washington e all’insediamento di Joe Biden in un’America devastata, il giornalista della rivista americana New Yorker e vincitore del premio Pulitzer Lawrence Wright racconta, grazie a fonti autorevoli e dettagli autentici, la diffusione della COVID-19, oltre al susseguirsi di drammatici eventi sia su scala globale sia nell’intimità dei singoli individui, facendo luce sulle conseguenze sanitarie, economiche, politiche e sociali della pandemia.
Wright ci porta all’interno delle massime autorità sanitarie americane, dove un primo tipo di kit per i test è risultato difettoso e ha fatto perdere tempo prezioso agli Stati Uniti; nelle stanze della Casa Bianca, in cui il primo segnale d’allarme sul virus arrivato dal viceconsigliere per la Sicurezza Nazionale Matthew Pottinger è stato accolto con uno scetticismo sconcertante; in un reparto COVID dell’ospedale di Charlottesville, con una giovane dottoressa idealista originaria di Little Africa, comunità nera della cittadina di Spartanburg nella Carolina del Sud; tra gli esperti delle previsioni di Goldman Sachs; nei teatri oscurati di Broadway e nei locali di musica dal vivo di Austin in difficoltà economica; ma anche all’interno del corpo umano, immergendosi nelle profondità scientifiche del funzionamento del virus e dei vaccini, con una deviazione illuminante nella storia della vaccinazione e del moderno movimento antivaccinista.
Questo libro è l’angosciosa e furiosa storia di un anno in cui tutti i grandi punti di forza dell’America - la sua conoscenza scientifica, le sue grandi istituzioni civili e intellettuali, il suo spirito di solidarietà e comunità - sono stati abbattuti, non solo da una nuova terrificante malattia, ma da un’incompetenza politica e un cinismo senza alcun precedente.
Con intuito, compassione, rigore, chiarezza e rabbia, Wright è una guida formidabile, che fende la fitta nebbia della disinformazione per fornirci un ritratto a trecentosessanta gradi della catastrofe che pensavamo di conoscere.
Proprio come Le altissime torri di Lawrence Wright è diventato il racconto decisivo del primo devastante avvenimento del nostro secolo, l’11 settembre, così L’anno della peste diventerà il racconto decisivo del secondo.
La traduzione in italiano è curata da Paola Peduzzi, giornalista e vicedirettrice del quotidiano Il Foglio.
Scelto tra i migliori libri dalla redazione di Robinson (La Repubblica)
“Un’analisi sconvolgente… Lawrence Wright è un maestro nell’intrecciare narrazioni complesse… Una storia di arroganza e divisione, noncuranza e grettezza, ma soprattutto incertezza.” The Guardian
“Wright ci regala un libro di ampio respiro… riuscendo a stupirci anche per quegli eventi che pensavamo di conoscere bene. La storia che racconta è diretta e spesso intensamente intima.” The New York Times Book Review
“Nello stile che lo contraddistingue, Wright mostra tanti piccoli bozzetti di persone colpite dalla Covid-19, da scienziati brillanti come Barney Graham a vittime come il novantaseienne Jim Miller, veterano dello sbarco in Normandia.” The Economist
“Un grande reportage narrativo... che non arriva a verità definitive ma ti lascia degli interrogativi necessari per permetterti di aprire una bussola su quello che accade... Lawrence Wright scrive in modo raro: ha il rigore del reporter e la piacevolezza del poeta.” Roberto Saviano
Lawrence Wright è un giornalista della rivista americana New Yorker e autore di importanti libri come “Dio salvi il Texas”, “La prigione della fede”, “Gli anni del terrore” e “Le altissime torri”, per il quale ha vinto il Premio Pulitzer. Wright è anche drammaturgo, sceneggiatore cinematografico e produttore. Vive ad Austin, Texas.
Esami di empatia Saggi sulle sofferenze degli altri
Partendo dalla sua esperienza come attrice medica, pagata per simulare sintomi di malattie da far diagnosticare agli studenti di medicina, i saggi viscerali e profondi di Leslie Jamison pongono domande fondamentali sulla nostra capacità di comprendere gli altri: come dovremmo prenderci cura l’un l’altro? In che modo possiamo sentire il dolore di un’altra persona, in particolare quando questo dolore può essere immaginato, travisato o inscenato? L’empatia è uno strumento con cui mettersi alla prova o addirittura valutarsi a vicenda?
Jamison svela una necessità personale e culturale di indagare i sentimenti e le sofferenze. Attinge dalle malattie e dalle lesioni vissute e subite in prima persona per affrontare una ricerca che va ben oltre la sua vita, includendo gli ambiti più vari - dal turismo della povertà alle malattie immaginarie, dalla violenza di strada ai reality televisivi, dalle ultramaratone alla carcerazione. Esami di empatia è una raccolta su come attraversare il proprio dolore e quello degli altri, che sia reale o immaginario.
La traduzione in italiano è curata da Simona Siri, giornalista e scrittrice.
“Jamison scrive con misurata precisione e insolita vulnerabilità... Le sue intuizioni sono spesso penetranti e poetiche.” The New Yorker
“Straordinario... Jamison ricorda scrittori come Joan Didion e John Jeremiah Sullivan mentre sottopone a interrogatorio le palpitazioni non solo del suo stesso cuore inquieto, ma di tutti i nostri.” The New York Times
“Eccezionale e puntuale... Questa capacità di pensiero critico, come una sorta di freddo scetticismo che non lascia mai spazio alle gelide lusinghe dell'ironia, è molto rara.” Olivia Laing, The New York Times Book Review
“Leslie Jamison infila la sua mente fine attraverso l'ago dell'emozione, cucendo il nostro desiderio di provare sentimenti alla nostra paura di provarli. I suoi saggi trafiggono sia il dolore che la dolcezza.” Eula Biss
“Un’intensa esplorazione di come l'empatia ci rende più profondi... Questo libro affascinante ti renderà un essere umano migliore.” Mary Karr
“Leslie Jamison è una delle voci più interessanti apparse negli ultimi anni sulla scena della letteratura internazionale, e il suo talento narrativo, limpido e mai cerebrale, affonda le radici nella assoluta sincerità con cui affronta i propri disagi esistenziali... Jamison riesce a mescolare il memoir al reportage, nella scia del new journalism, realizzando un libro struggente, che riesce a essere lucido e appassionato.” Antonio Monda, La Stampa
“Un libro di grande importanza, di struggente verità, ma soprattutto un libro che conferma una delle voci più originali, più sincere, più forti e più potenti degli ultimi anni.” La Repubblica
Leslie Jamison
Leslie Jamison è una scrittrice americana, autrice della raccolta di saggi Lascialo gridare, lascialo bruciare e del romanzo The Gin Closet. Insegna nonfiction alla Columbia University, e i suoi articoli sono apparsi sul New York Times Magazine, The Atlantic, New York Times Book Review, Harper’s, Oxford American e Virginia Quarterly Review. Si è laureata all’Harvard College, ha ricevuto un Master of Fine Arts in narrativa presso l’Iowa Writers’ Workshop e ha conseguito il dottorato in letteratura inglese all’Università di Yale. Vive a Brooklyn.
Trick Mirror Le illusioni in cui crediamo e quelle che ci raccontiamo
Jia Tolentino, voce impareggiabile della generazione millennial e brillante talento della rivista americana New Yorker, esplora in questi nove saggi inediti e interconnessi la propria maturità nel paesaggio confuso in cui viviamo, un'èra di verità malleabile e diffusa illusione personale e politica.
Con uno stile estremamente intimo e forte, Tolentino approfondisce i fattori che deformano, a volte senza che ce ne accorgiamo, il nostro modo di guardare il mondo. Trick Mirror è un viaggio illuminante e indimenticabile attraverso il fiume dell'autoinganno che scorre proprio sotto la superficie della nostra vita. È un libro sugli stimoli che ci modellano e su quanto sia difficile vedere chiaramente noi stessi attraverso una cultura che ruota attorno all’io. Dall'ascesa dell’incubo social in internet alla sua apparizione in un reality show televisivo, dalle sue esperienze con l’MDMA e la religione al sogno punitivo dell'ottimizzazione di sé perpetuato dalla nostra cultura, dal fenomeno del truffatore americano di successo all'ossessione della sua generazione per i matrimoni stravaganti, Jia Tolentino scrive di questi tempi così strani con rara potenza stilistica, umorismo e feroce chiarezza. Trick Mirror è un’affascinante raccolta d'esordio, scritta con una magistrale combinazione di arguzia e coraggio, che annuncia Tolentino esattamente come il tipo di voce che abbiamo bisogno di sentire in questo momento - e per molti anni a venire.
La traduzione in italiano è curata da Simona Siri, giornalista e scrittrice.
“Ognuno dei nove saggi originali è un mix di giornalismo, ricerca e storia personale. La sua voce in questo libro è completamente sviluppata: scrive con un inimitabile mix di forza, lirismo e umorismo affilato tipico di internet.” The New York Times Book Review
“Tolentino è riuscita a dire molte verità scomode – e con uno stile invidiabile. Questo è un libro brillante e avvincente che spingerà molti di noi a guardare nello specchio a lungo. Mi ha riempito di speranza.” Zadie Smith
“Non è un’iperbole affermare che Jia Tolentino potrebbe essere la Joan Didion del nostro tempo... È in grado di cogliere il punto in cui la politica contemporanea e la cultura giovanile si incontrano e si intrecciano.” New York Magazine
“Tolentino è la migliore giovane saggista americana, una che ho costantemente ammirato e dalla quale ho imparato.” Rebecca Solnit
“Tolentino è la Susan Sontag dei millennial, una voce brillante nella critica culturale... Ha una scrittura da sogno.” Washington Post
“Tolentino identifica meglio di altri i crescenti tormenti del femminismo di oggi mentre diventa mainstream... Si unisce a Susan Sontag e Joan Didion come cronista della cultura pop, del femminismo e della vita americana.” Financial Times
“Tolentino ha la capacità rara di essere nel mezzo della battaglia e di saper descrivere la medesima con sufficiente distacco. Internet è stato il suo brodo di coltura ma adesso si è accorta che è uno ‘specchio deformante’.” Aldo Grasso, Corriere della Sera
Jia Tolentino
Jia Tolentino è una giornalista della rivista americana New Yorker. Cresciuta in Texas, ha studiato all’Università della Virginia prima di prestare servizio in Kyrgyzstan nei Peace Corps e ricevere un Master of Fine Arts in narrativa dall’Università del Michigan. Ha lavorato come redattrice a The Hairpin e come vicedirettrice a Jezebel, e i suoi articoli sono apparsi sul New York Times Magazine, Grantland, Pitchfork, e altre pubblicazioni. Vive a Brooklyn.
Nel novembre del 2014 i tredici membri della famiglia Biden si trovarono a Nantucket per festeggiare il Ringraziamento, una tradizione che li riuniva da quarant’anni; l’unica costante di quella che era diventata una vita febbrile, osservata, iperprogrammata. Quella gita di famiglia era un momento per ritrovarsi e riflettere sull’anno che stava per finire e su cosa avrebbe riservato il futuro. Ma quell’anno era diverso dagli altri. Quindici mesi prima, infatti, al figlio maggiore di Joe Biden, Beau, era stato diagnosticato un tumore maligno al cervello. Le possibilità di sopravvivere erano poche. “Papà, fammi una promessa”, aveva detto un giorno Beau a suo padre. “Dammi la tua parola che starai bene, qualsiasi cosa succeda”. Joe Biden gli aveva dato la sua parola. Papà, fammi una promessa racconta l’anno successivo, che sarebbe diventato il più impegnativo della vita e della straordinaria carriera politica di Joe Biden. Da vicepresidente degli Stati Uniti, infatti, Biden quell’anno viaggiò intorno al mondo per più di centomila chilometri, crisi dopo crisi, dall’Ucraina all’America Centrale all’Iraq. Quando arrivava una telefonata da New York, o da Washington, o da Kiev, o da Baghdad, lui rispondeva. Per dodici mesi, mentre Beau lottava per sopravvivere e infine moriva, Biden provò a trovare un equilibrio tra due imperativi: tenere fede agli impegni e alle responsabilità presi con il suo paese, e a quelli con la sua famiglia. Il tutto con una domanda incombente e mai davvero lontana: se candidarsi o meno alle elezioni presidenziali del 2016. Quell’anno portò insieme grandi risultati e dolori laceranti; ma anche nei momenti peggiori Biden poté contare sulla forza dei suoi antichi e profondi legami familiari, sulla sua fede e sulla sua amicizia vera con l’uomo che sedeva nello Studio Ovale, Barack Obama.
Scritto in modo intenso e diretto, Joe Biden trasmette ai lettori l’urgenza di ogni momento, raccontando sia i giorni in cui non riusciva ad andare avanti che quelli in cui pensava di non potersi permettere una pausa. Questo non è solo un libro scritto da un vicepresidente, che diventerà dopo pochi anni il 46esimo Presidente degli Stati Uniti. È un libro scritto da un padre, da un nonno, da un amico e da un marito. Papà, fammi una promessa racconta la storia di come la famiglia e gli amici possono sostenerci e di come una speranza, uno scopo e la voglia di fare possono guidarci attraverso il dolore di una perdita verso la luce di un nuovo futuro.
La traduzione in italiano è curata da Francesco Costa, vicedirettore de Il Post.
“Un drammatico dietro le quinte, onesto, schietto e ricco di dettagli. Chiunque abbia perso qualcuno troverà un sincero conforto nelle parole dell'autore... Alcuni frammenti di vulnerabilità rendono questo libro indimenticabile.” The New York Times
“Il racconto intenso, istruttivo e profondamente toccante di Joe Biden e della lotta di una famiglia contro un cancro al cervello, combattuta bilanciando gli impegni del suo lavoro di vicepresidente e le tentazioni di un'altra corsa per la presidenza. È anche un toccante resoconto della crudele realtà del cancro, in particolare il cancro che colpisce un figlio.” Washington Post
“Una lettura vivace, spesso edificante, conseguenza della congenita franchezza dell'autore e della sua irreprimibile onestà.” Vanity Fair USA
“Il libro è un promemoria dell'importanza della politica. E di quanto le elezioni possono cambiare la traiettoria di un paese.” The Guardian
“Un libro sul dolore privato, e di come esso s’inserisca nella vita estremamente pubblica di un vicepresidente americano. Il racconto viscerale di una battaglia contro il male incurabile del figlio, dell’agonia e dell’alienazione di un padre che vede spegnersi il primogenito, suo braccio destro e sua speranza, senza poter (né voler) venire meno alle pressioni del ruolo istituzionale che ricopre, pressioni indifferenti al dolore.” La Lettura - Corriere della Sera
“Un libro intenso racconta con l’umanità di un padre i retroscena di quelle tragiche giornate.” Avvenire
“Un resoconto straordinario, fatto da uno dei personaggi (giustamente) più amati della politica statunitense.” Sette - Corriere della Sera
Joe Biden
Joe Biden ha rappresentato lo stato del Delaware al Senato americano per 36 anni, prima di diventare il 47esimo Vicepresidente degli Stati Uniti, incarico che ha svolto tra il 2009 e il 2017. Dopo aver lasciato la Casa Bianca, ha continuato a lavorare per espandere le opportunità dei cittadini con la Fondazione Biden, un centro studi all’Università della Pennsylvania, il Penn Biden Center for Diplomacy and Global Engagement, e un altro all’Università del Delaware, il Biden Institute for Domestic Policy. Il 20 gennaio 2021 ha giurato come 46esimo Presidente degli Stati Uniti.
Un viaggio nel futuro dell’America, nel più controverso degli stati americani, che non elegge un politico democratico da oltre vent’anni. Con ironia e quella familiarità a tratti aspra di chi è di casa, il “texano” Lawrence Wright, autore premio Pulitzer, ci racconta com’è cambiato il Texas, che oggi somiglia molto all’America che Donald Trump vorrebbe creare, e ci fa pensare a come saranno domani non soltanto i texani, ma tutti gli americani. Il Texas è uno stato in cui le minoranze sono già maggioranza, le città sono già liberal oltre che tra le più multiculturali degli Stati Uniti, il petrolio domina e condiziona l’economia. Ma è anche uno stato che si batte ad armi pari con la California in settori all’avanguardia come quello tecnologico, caratterizzato da un modello economico con poche tasse e scarsa regolamentazione, che ha prodotto una crescita straordinaria, ma anche enormi disuguaglianze.
Memoir, saggio e reportage, Dio salvi il Texas ci porta al centro dei dibattiti più importanti di questi anni, come quello sul controllo delle armi e sul muro con il Messico, senza perdere di vista i sentimenti dei texani, compreso il mai sopito senso di colpa per la tragedia del 1963, quando proprio a Dallas fu ucciso John Fitzgerald Kennedy. E mentre ci passano davanti volti e immagini che hanno scandito l’attualità e il nostro immaginario, da Lyndon Johnson ai Bush a Beyoncé, si fa strada una nuova consapevolezza: ogni cosa accade prima in Texas.
La traduzione in italiano è curata da Paola Peduzzi, giornalista e vicedirettrice del quotidiano Il Foglio.
“Superbo… Questa è l'opera più personale di Wright, un mix elegante di autobiografia e giornalismo, libero da qualsiasi pregiudizio elitario.” The New York Times Book Review
“Efficace… puntuale… C'è un gigante appisolato in Texas e Wright cattura la frustrazione e la speranza che riverberano nello stato ogni volta che il gigante si muove.” The Washington Post
“Allo stesso tempo un reportage giornalistico, una lettera d'amore e un memoir… Wright scrive del suo stato con ardore, consapevolezza e quell'ambivalenza data una familiarità molto profonda.” The Wall Street Journal
“Vivace… Onnivoro… Affezionato e geniale… Cattura tutta la potenza del Texas, dalla vergogna alla gloria… Un manuale illuminante per gli stranieri che non vivono lì ma che hanno troppi giudizi su chi ci vive… È la testimonianza delle formidabili capacità narrative di Wright e il lettore si imbatterà in una grande quantità di informazioni senza mai sentirsi perso.” The New York Times
“Un fuoco lento di memoir, reportage e digressioni storiche. Wright è un tipico narratore texano, un amante degli aneddoti che passeggia e ogni tanto si ferma per indicare un'idea, ma alla fine arrivi dove volevi arrivare… Piacevole.” The Guardian
“Esplora meticolosamente il passato, il presente e il futuro politico del Lone Star State.” Rolling Stone
“Meravigliosamente scritto… Lettura essenziale per chi vuole capire come uno stato ha cambiato la traiettoria di un'intera nazione. È un libro molto profondo.” National Public Radio
Lawrence Wright è un giornalista della rivista americana New Yorker e autore di importanti libri come “L’anno della peste”, “Inferno americano”, “La prigione della fede”, “Gli anni del terrore” e “Le altissime torri”, per il quale ha vinto il Premio Pulitzer. Wright è anche drammaturgo, sceneggiatore cinematografico e produttore. Vive ad Austin, Texas.
Inganno Donald Trump, Fox News e la pericolosa distorsione della realtà
Mentre i leader di altri paesi cercavano soluzioni per combattere la più grande pandemia della storia moderna, il presidente americano Donald Trump era davanti alla TV. Ogni giorno Trump guarda più di sei ore di Fox News, un’abitudine che il suo staff fa ricadere nella categoria “executive time”, tempo dedicato a governare. Nel gennaio 2020, quando Fox ha iniziato a minimizzare la COVID-19, il presidente ha immediatamente condiviso questo approccio. A marzo, quando il virus si è diffuso in modo incontrollato, il principale anchorman di Fox, Sean Hannity, ha etichettato “questa isteria da coronavirus” come un “nuovo inganno” della sinistra. Milioni di americani hanno preso le parole di Hannity e Trump come certezze, finché alcuni di loro hanno iniziato ad ammalarsi. Inganno racconta la storia contorta della relazione tra Donald Trump e Fox News, il principale canale TV via cavo degli Stati Uniti. Dal momento in cui Trump è sceso dalla scala mobile dorata della Trump Tower per annunciare la sua candidatura alle elezioni presidenziali del 2016 fino alla sua assoluzione dalle accuse di impeachment all'inizio del 2020, i conduttori di Fox hanno fatto eco alle sue menzogne e infangato i suoi nemici. Brian Stelter, anchorman e capo della redazione media di CNN, ha parlato nel corso di due anni con oltre 250 dipendenti, attuali ed ex, di Fox News, nel tentativo di comprendere come funziona al suo interno l'impero mediatico multimiliardario di Rupert Murdoch. Alcune delle rivelazioni sono allarmanti. “Non è che noi crediamo per davvero a tutte queste cose”, spiega un produttore. “Diciamo semplicemente alle persone di crederci”.
Al centro della storia c'è Sean Hannity che, in seguito alla morte di Roger Ailes, la mente dietro la creazione di Fox News, regna sovrano nella rete che gli paga uno stipendio di 30 milioni di dollari l'anno. Stelter descrive le violente tensioni all'interno di Fox tra i lealisti di Trump e i pochi giornalisti rimasti. Rivela perché colui che era il conduttore più importante degli spazi di attualità, Shep Smith, si è dimesso disgustato nel 2019, perché un ex anchorman ha dichiarato “se resto qui, mi ammalerò di cancro”, e in che modo Donald Trump ha sfruttato il vuoto di leadership al vertice della rete per prenderne di fatto il controllo.
Includendo notizie e dettagli inediti, Inganno denuncia le star del mondo dei media che traggono profitti scandalosi promuovendo la propaganda del presidente e radicalizzando la destra americana. È un libro per tutti quelli che, leggendo le notizie di attualità, si chiedono: come siamo arrivati a questo punto?
La traduzione in italiano è curata da
Marilisa Palumbo, giornalista del quotidiano Il Corriere della Sera, e Paola Peduzzi, giornalista e vicedirettore del quotidiano Il Foglio.
“Un resoconto accurato e definitivo della relazione incestuosa tra Trump e la sua emittente preferita – e di quanto sia denigrante per la democrazia il fatto che Fox sia un organo di propaganda della Casa Bianca mascherato da giornalismo conservatore.” The New York Times Book Review
“L’analisi di Stelter va oltre le notiziole piccanti sulle scappatelle extraconiugali (anche se ce ne sono molte), e rivela invece una collusione che minaccia i pilastri della nostra democrazia.” Washington Post
“Una profonda e scoraggiante immersione nell’intersezione nefasta tra politica, cospirazione, menzogne e denaro offerta da Donald Trump e Fox News.” Kirkus Review
Brian Stelter
Brian Stelter è a capo della redazione media di CNN Worldwide ed è il conduttore di Reliable Sources, il programma che ogni domenica analizza le storie dal mondo dei media. Prima di entrare a far parte di CNN nel 2013, Stelter era un media reporter del New York Times. Il suo primo libro, “Top of the Morning”, bestseller del New York Times, ha ispirato la serie drammatica di Apple TV+ “The Morning Show”, di cui Stelter è stato anche consulente per la produzione. È anche il produttore esecutivo del documentario della HBO “After Truth: Disinformation and the Cost of Fake News”. Vive a New York con sua moglie e due figli.
La foto dell'autore è stata gentilmente concessa da CNN.
La Rabbia Connessioni tra estrema destra e fondamentalismo islamista
L’inizio del Ventunesimo secolo è stato definito dalla diffusione della radicalizzazione dell’islamismo e dall’ascesa concomitante dell’estremismo di destra. Questo libro studia i rapporti tra la "nuova" destra estrema e il fondamentalismo islamista e cerca di capire quali saranno le conseguenze per la minaccia terroristica globale. Julia Ebner scrive che le narrazioni dell’islamismo – "L’Occidente è in guerra contro l’islam" – e dell’estrema destra – "I musulmani sono in guerra contro l’Occidente" – si completano perfettamente l’una con l’altra, e rendono i due estremismi alleati retorici nel costruire un circolo vizioso di odio: "La Rabbia". Osservando i movimenti estremisti sia online sia offline, Ebner mostra come l’estrema destra e gli islamisti siano riusciti a penetrare gli uni nelle camere dell’eco degli altri con un messaggio che risulta utile alle cause di entrambi. Basato su decine di interviste, questo libro conduce il lettore nel mondo della radicalizzazione reciproca e nei focolai dell’estremismo che si sono sviluppati in Europa e negli Stati Uniti, con conseguenze potenzialmente disastrose.
La traduzione in italiano è curata da Eugenio Cau, giornalista de Il Foglio.
Julia Ebner è una ricercatrice che si occupa di terrorismo ed estremismo. Vive a Londra. È Research Fellow dell’Institute for Strategic Dialogue e Global Fellow del Project for the Study of the 21st Century. Ha trascorso due anni lavorando per Quilliam, la prima organizzazione antiterrorismo al mondo, dove ha condotto progetti di ricerca sulla prevenzione del terrorismo per la Commissione europea e per la Kofi Annan Foundation, e ha testimoniato come esperta davanti alla commissione d’inchiesta parlamentare degli Affari Interni inglesi sull’estremismo di destra. Nel suo ruolo come coordinatrice del network europeo Families Against Terrorism and Extremism (FATE), ha condotto progetti di prevenzione della radicalizzazione in tutta Europa e nel Nord Africa. Julia è stata advisor di gruppi parlamentari, operatori in prima linea in situazioni estreme e aziende tecnologiche sulle problematiche di terrorismo ed estremismo, interviene a conferenze internazionali e tiene workshop nelle scuole e nelle università. Scrive frequentemente per il Guardian e l’Independent, e ha rilasciato interviste in inglese, tedesco e francese per BBC, CNN, ZDF, ARD, France24, Al Jazeera, LBC e altri.